Era mia figlia,
terzogenita, un po’ viziata dai genitori e dai fratelli, Paolo e Sara, molto più grandi di lei.
Bionda, grandi occhi azzurri, sorridente, amante della vita che considerava un dono prezioso – come ha scritto a caratteri cubitali sulla parete della sua cameretta – e che era pronta in ogni momento a difendere a spada tratta con i compagni, in tutte le sue forme, dal concepimento alla fine. Affettuosa, coccolona, esplosiva nella gioia, tenera nei pochi tristi momenti tipici della fatica adolescenziale del crescere e del maturare. Insistente fino allo sfinimento nel cercare di carpire un sì per i suoi desideri, con la tipica furbizia dei bambini nel sapere a chi chiedere e come chiedere per ottenere una risposta positiva.
Non amava studiare, ma ne capiva l’importanza. Incostante nel metodo, le piaceva disegnare, ballare, pattinare, cantare, ritagliare e comporre, giocare con in bambini, in particolare con i suoi quattro nipotini, di cui andava fierissima, divertendosi ad inventare per loro giochi sempre nuovi. La sua presenza in casa era tangibile e rumorosa: parlava e cantava. Incostante, pigra e disordinata, col cellulare sempre in mano per essere in contatto perenne con i compagni e gli amici per i quali stravedeva. Aveva una particolare propensione ad instaurare rapporti con gli altri, aiutata dal suo sorriso aperto, dal suo sguardo accattivante e dalla sua intrinseca necessità di chiedere sempre piaceri ed aiuti: un compito da copiare, una merendina da dividere, un piccolo prestito, un regalino; ma era altrettanto generosa nel dare e soprattutto nell’ascoltare e nel capire.
A volte sfrontata, il più delle altre timida ed insicura, temeva l’ignoto. Nell’immaginare il suo futuro oscillava tra il desiderio di una vita felice e ricca e l’urgenza di un doveroso impegno per i paesi del sud del mondo. Era generosa e cercava sempre di aiutare chi era in difficoltà: un compagno, un bambino, un povero.
Adorava gli animali: aveva avuto un pesce, una tartaruga, un criceto fino ad arrivare alla sua massima conquista, dopo anni di richieste: un cane, un border collie bianco e nero, vivacissimo, di nome Palacinka, che ci ha lasciato in eredità e che seguiamo con amore nel suo ricordo. Non posso dimenticare la sua passione per i cavalli. Prima di partire per Djerba, dove avrebbe seguito uno stage per animatori di bambini, immaginava già le belle cavalcate in spiaggia, senza pensare che proprio da cavallo sarebbe caduta e se ne sarebbe andata per sempre a soli 19 anni.
La sua presenza è costante nella nostra famiglia che amava moltissimo e di cui era orgogliosa, con una speciale ammirazione, e con un certo timore riverenziale, per il papà ed un grande attaccamento per i fratelli, anche se troppo perfetti ed impegnativi da imitare.
Era mia figlia.
La Mamma